Se il contratto di affitto resta il documento principale che formalizza le relazioni tra il proprietario e l’inquilino, altri documenti spesso poco conosciuti o la cui importanza è a torto relativizzata, devono essere firmati dalle parti e allegati al contratto. Oggi parleremo di quello che probabilmente è il meno amato di tutti gli allegati al contratto di affitto: lo stato dei luoghi.
Il decreto n° 2016-382 del 30 marzo 2016, entrato in vigore il 1° giugno 2016, fissa le modalità di redazione dello stato dei luoghi e della vetustà degli alloggi affittati per uso residenziale (residenza principale) e riforma e precisa lo statuto giuridico di tale atto essenziale.
Lo stato dei luoghi descrive il bene locato e riporta il suo stato di conservazione. Riguarda i mobili o gli equipaggiamenti menzionati nel contratto di locazione. La forma del documento deve permettere la comparazione dello stato dei luoghi locati all’inizio e alla fine del periodo locativo, deve essere firmato dalle parti al contratto e può essere redatto anche da un Ufficiale giudiziario (Huissier de Justice). Lo stato dei luoghi, sia in entrata che in uscita, può essere realizzato tramite supporto cartaceo o elettronico e può prendere la forma di un documento unico o di due documenti differenti aventi però una presentazione simile, sia in entrata che in uscita dal bene locato.
Lo stato dei luoghi deve comportare le seguenti menzioni obbligatorie (articolo 2):
Alla fine della locazione, questo stato dei luoghi comporta ugualmente l’indirizzo del nuovo domicilio o del luogo di dimora dell’inquilino, ed eventualmente le modifiche di ciascuna stanza costatate dalla data della redazione dello stato dei luoghi di entrata.
Infine, secondo il Decreto, la vetustà, elemento capitale della relazione locativa, è definita come “lo stato di usura o di deteriorazione risultante dal tempo o dall’uso normale dei materiali e degli elementi di equipaggiamento di cui è costituito l’alloggio”.